E-commerce: così il commercio online modifica il retail

Il commercio online sta trasformando il commercio tradizionale. Sarà forse banale scriverlo e ripeterlo. E allora diciamo di più: lo sta trasformando a una velocità inaspettata fino a qualche anno fa. Alcuni dati: 18,8 milioni di italiani nel 2015 hanno comprato online, vale a dire più di 6 utenti su 10 che ogni giorno utilizzano internet. Gli acquisti da smartphone o tablet coprono ormai un quarto degli acquisti totali, pari a quasi 6 milioni (dati: Netcomm). Secondo uno studio della Casaleggio Associati, il 2015 è stato l’anno dei cellulari, con il sorpasso storico ai danni dei personal computer in termini di navigazione su internet che in termini di visualizzazione sui siti di e-commerce. Per intenderci, gli italiani sempre più navigano da telefonino su un portale di commercio online per poi acquistare il prodotto dal fisso. Ma, a breve, anche l’acquisto passerà dallo smartphone. È consequenziale a tutto questo la necessità per le aziende che praticano la vendita su internet a pensare, ideare, realizzare siti semplici, sicuri ed efficaci.

Le tendenze in atto…

Nei prossimi mesi e anno vedremo intensificarsi alcuni fenomeni.

Infocommerce: è un fenomeno prettamente italiano, cioè informarsi nel punto vendita fisico per comprare online.

Centri commerciali online: ovvero portali che mettono in vendita prodotti delle varie marche selezionate dai gestori, con promozioni e sconti. Possono essere verticali (una categoria merceologica precisa) od orizzontali (varie categorie).

Alimentare: era un po’ la cenerentola del commercio online. Schiacciata dalle solite “note” – abbigliamento, turismo e, a sorpresa, editoria – oggi l’alimentare è in rapida crescita grazie anche all’ingresso nel settore di un servizio come Amazon Prime Now e le acquisizione di JustEat che ha superato i 3.500 ristoranti affiliati.

Velocità, semplicità, conversazioni: se Walmart ha aumentato il tasso di conversione fra click e acquisto online grazie all’aumento della velocità di apertura del sito di un secondo, Expedia ha avuto un profitto maggiore di 12 milioni di dollari solamente rendendo più facile e meno tecnico i form di contatto e prenotazione. Mentre, Intuit ha raddoppiato lo scontrino medio aggiungendo in ogni pagina una chat (tutti questi casi sono stati riportati nell’ultimo studio della Casaleggio sull’e-commerce). Il significato? Si vince con siti veloci, semplici, interattivi.

… e le problematiche

Tutto oro quel che luccica? Manco a dirlo. Il commercio online si porta dietro delle problematiche per i retailer a cui se ne sommeranno delle altre con la contestuale crescita della pratica. E, aggiungiamo, le difficoltà che le imprese in franchising possono incontrare facendo commercio online. Ne abbiamo parlato nei numeri scorsi, anche con interventi di importanti avvocati e specialisti. Li riassumiamo qui.

Esclusiva territoriale: una delle basi di un contratto di affiliazione è la cosiddetta esclusiva territoriale, ovvero la garanzia da parte della casa madre che nessun altro negozio del marchio aprirà nel bacino di utenza servito dallo stesso franchisee. Come garantirla anche nel commercio online, dove l’e-commerce della casa madre potrebbe vampirizzare le vendite offline degli affiliati?

Chi vende cosa: molti contratti in franchising vietano all’affiliato di creare un e-commerce, magari per venderci la merce rimasta in magazzino. Ha ancora senso nell’era del retail 4.0 vietare al franchisee di crearsi uno sbocco in più alle proprie merci, evitando che sia la stessa casa madre a fargli dumping vendendo online merce invenduta con sconti consistenti?

Logistica: secondo uno studio della Casaleggio Associati, oltre la metà delle imprese che operano online non è soddisfatto dei servizi che riceve, del poco valore aggiunto e delle modalità di gestione degli stessi siti. Se a questo si aggiunge il problema delle informazioni sulle merci messe in vendita online che spesso non vengono aggiornate, così da costringere l’esercente a disdire un ordine di acquisto su qualcosa già venduto offline, il quadro non è certamente positivo.